Il laboratorio dell’Arche è un Centro Socio Riabilitativo Diurno che accoglie oggi diverse persone con handicap provenienti sia dal CSRR che dal territorio dove è ubicata la Comunità. Nella riorganizzazione attuata a giugno del 2017 sono state riunite le risorse precedentemente suddivise in tre gruppi distinti (Formica, Tartaruga e Civetta).
Gli Assistenti dell’equipe di laboratorio, coordinati da un Responsabile, collaborano lavorando in sinergia con il Responsabile della Comunità e dell’equipe psico-pedagogica, avendo cura di fare crescere le persone accolte all’interno dell’unico progetto comunitario.
La struttura di ogni giornata in laboratorio ha l’obiettivo di creare un ambiente in cui ciascuno possa progressivamente crescere nella sua capacità relazionale in rapporto al sé, agli altri, alle cose, al tempo, allo spazio e alla dimensione di lavoro.
Ogni giornata si presenta scandita da un ritmo dove la cura per le semplici routine quotidiane (l’accoglienza, la pausa caffè, il pasto, etc…) si affianca al lavoro, scelto in base alle competenze, alle abilità e ai desideri dei singoli. Sono proposte inoltre una serie di attività ludico ricreative per il pomeriggio. Ogni attività è finalizzata alla crescita dell’autonomia e per rinforzare la capacità di compiere scelte sempre più libere e responsabili.
L’organizzazione interna della vita del laboratorio rimanda ad una impostazione educativa che fa del gruppo lo strumento metodologico con cui vengono guidate le esperienze educative.
Le relazioni di interdipendenza tra persone con handicap, educatori e tutti coloro che in diverso modo s’inseriscono nella vita del laboratorio (amici, volontari, territorio) interagendo sostengono la capacità di socializzare e aiutano ad elaborare la propria identità.
In questa cornice il lavoro è per noi metafora della vita: la relazione con se stessi, con gli altri, con la materia e con Dio sono il nostro oggetto d’attenzione. In ogni cosa, tanto in ciò che chiamiamo propriamente attività quanto nel tessuto che le sostiene fatto di tempi strutturati e non, di spazi e utensili di lavoro, di fatica e riposo, in tutto desideriamo costruire insieme un mondo che riconosca il valore unico di ogni persona ed il bisogno che abbiamo gli uni degli altri.
Le attività che si svolgono in laboratorio, tanto quelle produttive che quelle con finalità ludiche ed espressive, sebbene siano strutturate per raggiungere precisi obiettivi educativi o di potenziamento/mantenimento delle proprie abilità, vogliono sempre rispondere al criterio di professionalità.
Saper fare, sapere collaborare, sapere cambiare e inventare sono le conoscenze teoriche e pratiche con cui tutti, persone con handicap, operatori e volontari devono confrontarsi per far sì che il lavoro sia un effettivo contribuito di collaborazione alla creazione di un mondo più bello, buono e solidale e in cui la debolezza di chi vive una situazione di handicap sia rivelata nella sua più autentica dimensione di verità antropologica: la fragilità come dimensione dell’essere umano, bisognoso della relazione con altri.
Le attività di laboratorio hanno a cuore alcuni aspetti fondamentali:
– L’azione trasformativa del lavoro. Si lavora per trasformare la carta straccia in carta fatta a mano per la produzione di quaderni e biglietti; per trasformare il parco della comunità con il lavoro di giardinaggio in un luogo bello e accogliente; attraverso il lavoro in cucina creare con quello che la natura offre buoni piatti per il pranzo insieme; si lavora per trasformare la società in una comunità che riconosca i doni delle persone con handicap organizzando laboratori con le scuole e nel territorio. Si lavora soprattutto per rimarginare le ferite, che sempre accompagnano chi vive una situazione di handicap, attraverso relazioni che valorizzino e sostengano le autonomie personali sia sul piano del saper essere che del saper fare.
– Il lavoro in équipe. Il lavoro artigianale in bottega per produrre oggetti o opere d’arte, il lavoro di accudimento degli animali da cortile (galline e conigli) o le attività di stimolazione tendono ad evidenziare come essere autonomi nel lavoro non significa sapere fare tutto da soli, ma essere capaci di riconoscere anche quello che non possiamo fare, per imparare a chiedere aiuto alle persone giuste e poter inserire il contributo di ciascuno in un lavoro di gruppo bello e completo.
– Il “mestiere di vivere”. Dove parlare di lavoro diventa improbabile, progettare percorsi educativi organizzati intorno a delle attività semplici ha il senso di fare crescere le competenze complessive di ogni persona, sottolineando il valore proprio di ciascuno e di ogni storia personale, perché tutti hanno il diritto di amare ed essere amati.